I progressisti, i democratici, i riformisti, i socialisti, in tutto il mondo, devono rivedere programmi e parlare con il popolo
Dopo i risultati negativi dei progressisti (ogni votazione una sconfitta, salvo rari casi: sono i candidati sbagliati o il vecchio che non vuol morire?), in America come in Europa, sarebbe opportuno per i progressisti rivedere la classe dirigente, non essere autoreferenziali, parlare con il popolo, aggiornare programmi e strategie, parlare e smettere di litigare e di suicidarsi all’interno del Partito Democratico italiano, ricercare unità con coloro che hanno lasciato la casa madre, allargare i consensi (non si vince se non si acquisiscono voti nuovi) rinnovarsi nei programmi, nelle strategie, nella forma partito,…., e ricercare l’unità.
Non voglio dare ricette per la soluzione dei problemi – non ne sono capace -, ma con umiltà mi permetto di fare alcune considerazioni.
Sono cadute le idelogie, si sono mischiate le culture, ma c’è un “odio” senza pari verso le classi politiche al potere e giustamente contro la corruzione, ma troppe volte accumunata genericamente alla cosidetta “casta”: bisogna combattere tutti asssieme un qualunquismo dilagante frutto del corporativismo e del conservatorismo ancora presenti nel Paesi, una partecipazione troppo limitata – sottovalutata o ridotta a modernimo dalla politica – della gente alla politica,……, al quale non si può semplicente rispondere – dopo l’elezione di Trump – che restano intatti i “valori” (i valori sono il cemento di una società e quindi quelli delle Costituzioni tramandate o scritte) ai quali ci ispiriamo.
E’ ideologica la contrapposizione sulla globalizzazione (i mercati sono internazionalizzati), come quella sulle banche, i ricchi,.., il libero mercato,…: dopo una crisi economiche, che visto una caduta vertiginosa dell’occupazione e il cedimento della struttura produttiva, il Paese (la scelta politica oggi può basarsi sull’intervento pubblico o privato) ha bisogno non solo di “assistenza mirata”,ma di investimenti pubblico-privati concordati, e di un esame approndito sul rapporto tra precarizzazione del lavoro-innovazione-nuove tecnologie-occupazione.
La paura verso il diverso e l’avversione verso l’immigrazione, la ricerca di certezze e sicurezza, il “terrore” che venga a mancare l’occupazione e la tranquilità per i propri figli in un futuro prossimo, il ruolo dell’Italia all’interno dell’Europa,…: queste come altre sono le questioni che i progressisti devono analizzare a tutto tondo ascoltando il popolo non solamente il suo, ma ascoltando (le periferie sono emblematiche a questo fine) 1 classi medie, operai, impreditori, insegnanti, casalinghe,pensionati, gente comune.
La cultura non è piu collettiva, gli uomini di cultura si sono ritirati nel privato o appoggiano le attuali opposizioni, è venuto meno il mitico rapporto con i lavoratori, che finalmente sono diventati cittadini: la rappresentanza dei lavoratori è affidata da sempre al Sindacato (anch’esso ha bisogno di rinnovarsi e non solo con formule organizzative), che sa riportare ad unità i loro interessi specifici, ma ora l’azione di proselitismo e le tematiche rivendicative son ancor più necessarie, dopo che una parte di lavoratori hanno sostenuto le “destre” in europa come in America.
Il mercato politico e un intreccio non chiaro di diverse opzioni (quella di “sinistra” non può dividersi tra cambiamento e conservazione, tra l’antico riformismo e il massimalismo): la paura, la rabbia, il consenso; i conservatorismi di destra e di sinistra; gli estremismi parlamentari ed extra parlamentari; la grande “palude” progressista e riformista che ha bisogno di fare il punto, deve aggiornarsi, riflettere, e ritrovare unità.
Il mondo è cambiato in America (speriamo non si replichi in Europa) le sirene del nazionalismo hanno fatto presa e la frustazione della crisi economica ha fatto da collante così tanto da rompere gli schemi” attuali: non è il vecchio scontro tra riformismo e massimalismo è qualcosa di piu complicato.
Si è rovesciato il tavolo della politica e gli americani hanno scambiato auspici con realtà.
I punti di riferimento che avevamo per la ricostruzione, il terrorismo interno (la fermezza morale di Berlinguer e La Malfa Ugo, della Dc), la stagione delle riforme, non ci sono più, e allora tutti assieme dobbiamo cercare nuove certezze per il domani e “utopie” per il futuro.
Giulio Lattanzi