UNA COSCIENZA LAICA PER LE NUOVE GENERAZIONI
– Intervento di Iperide Ippoliti nella giornata di presentazione del “Lucifero-nuovo” – Roma 13 dicembre 2016 – Un contributo alla formazione di una coscienza laica delle nuove generazioni
– Penso sia importante, in primo luogo, indicare, soprattutto ai più giovani, le due pubblicazioni che più delle altre hanno esplorato il lungo percorso storico del “Lucifero”:
la prima, una vera e propria storia di quasi cento anni di vita del “Lucifero”, risale al 1981 e fu voluta da Giovanni Spadolini (che ne scrisse una lunga prefazione) e da Guido Monina e poi presentata in una affollatissima manifestazione al teatro Metropolitan di Ancona: “Lucifero:un giornale della democrazia repubblicana” a cura di Giancarlo Castagnari e Nora Lipparoni – Edito da Gilberto Bagaloni per la collana “Studi e Ricerche” dell’ Istituto per la Storia del Movimento Democratico e Repubblicano nelle Marche;
la seconda, datata 1994, a cura dell’ amico Luca Guazzati, dal titolo “Giornalisti della democrazia:le origini dei movimenti politici nelle Marche (1870-1892)” edita anch’essa nella medesima collana dell’ Istituto per la Storia del Movimento Democratico e Repubblicano nelle Marche.
Consiglio a tutti la lettura, o la rilettura, di questi due volumi e traggo spunto da due considerazioni contenute nella prefazione del prof. Luigi Lotti al libro di Guazzati. Ricordo ai presenti che il prof. Luigi Lotti si è spento nel marzo scorso e che è stato insieme allievo e grande amico di Giovanni Spadolini – si laureò con un’importante tesi sui Repubblicani di Romagna dopo l’unità – nonché Preside emerito della facoltà “Luigi Alfieri” di Firenze. Ebbene lo studioso triestino-fiorentino- ravennate fu il relatore presso la stessa facoltà di Scienze Politiche per la tesi di laurea di Luca Guazzati di cui il libro costituì, a distanza di più di 6 anni, un approfondimento ricco di ulteriori ricerche e rielaborazioni.
Ripeto ancora: due riflessioni che considero essenziali perché meglio di altre sono utili, a mio parere, a dare un senso, ed un senso attuale, a questa nostra giornata non “celebrativa” ma di lavoro e di confronto. Esse soprattutto possono servire a chiarire a noi stessi il significato, l’ orientamento e lo scopo veri di questa nostra scelta un po’ “avventurosa” ed anche “rischiosa” di dare nuova vita alla stampa del “Lucifero” anche, e soprattutto, con la costruzione del sito digitale.
Un’ avventura alla quale ho aderito direi con entusiasmo “giovanile”, senza troppi calcoli, richiamato in questo dallo slancio, dalla concretezza in primo luogo di Graziano Fioretti e di Stefano Burattini, ma anche dal calore dell’ impegno e della vicinanza collaborativa di Domenico, di Marina Marozzi, di Innocenzo, degli amici della cooperazione e dell’ AMI e di quanti sicuramente intenderanno contribuire, cammino facendo, alla iniziativa.
La prima considerazione è quella relativa alla constatazione storica che in quelle Marche, uscite dal lungo dominio pontificio e che vedevano, anche nella stampa, la contrapposizione tra liberali-moderati e mazziniani-garibaldini democratici – e solo in una fase più avanzata caratterizzate dalla penetrazione delle idee anarchiche, socialiste, internazionaliste e classiste – ebbene in quella società un po’ chiusa, un po’ “provinciale” e contadina – dice il Lotti – “la realizzazione progressiva di una vera coscienza politica democratica la si deve certo alla avanzante prassi elettorale ma soprattutto, ed innanzitutto, alla diffusione davvero straordinaria e numerosa della “piccola” stampa locale” . A queste esperienze giornalistiche giustamente Guazzati nel suo libro collegherà poi anche la nascita e lo sviluppo in territorio marchigiano (ma non solo ) dei due principali filoni del movimento democratico originati dallo scioglimento del mazziniano “Patto di Fratellanza”: il Partito dei Lavoratori (il Partito Socialista) nel 1892 ed il Partito Repubblicano (1895).
Credo che Roberto Balzani meglio di me potrà raccogliere ed eventualmente approfondire con la sua competenza e conoscenza storica questo spunto.
La seconda considerazione, sempre del Lotti, è che “ i democratici marchigiani si erano battuti tra gli anni ’60 e ’70 [del diciannovesimo secolo] per il completamento repubblicano dell’ unità e per le nuove tematiche mazziniane nell’ ambito delle prime Società di Mutuo Soccorso e nell’ ambito del già ricordato “patto di Fratellanza” ma ancora di più per una vocazione “educativa” alla nuova realtà nazionale volta a creare un cittadino nuovo pervaso dai suoi diritti e dai suoi doveri nei confronti della comunità come premessa ad una vera partecipazione democratica”.
Traggo da ambedue le riflessioni dello studioso (ampiamente suffragate dal lavoro minuzioso di Guazzati) una conclusione a mio avviso molto significativa per il lavoro che oggi noi siamo chiamati a compiere:
il Lucifero dell’ epoca, ma diremmo anche il Lucifero in tutto il suo lungo, diversificato e travagliato percorso storico, non è stato solo uno strumento attraverso il quale si contribuì, in un territorio come le Marche così importante come la Romagna e la stessa Lombardia nella vita del movimento repubblicano, alla costruzione e poi al successivo sviluppo di un partito politico ma esso costituì soprattutto una sorgente di alimentazione, una fonte ispiratrice fondamentale per la costruzione di una coscienza democratica e civile che punta al progresso ed alla emancipazione sociale lontana da mitizzazioni ideologiche rigide ed ancorata al tuttora insuperato binomio mazziniano “Libertà e Associazione”.
Sottolineo ciò anche per sgomberare il campo da alcuni equivoci e malintesi.
Oggi la Repubblica c’è, anche se alcuni ne vorrebbero mettere a rischio le fondamenta. Essa va difesa nei suoi fondamenti costituzionali. Un partito politico non c’è più – anzi siamo in casa UIL e possiamo dirlo – non ci sono più i partiti politici di nostro riferimento ideale. Ce ne dobbiamo, forse, fare una ragione. Così come dovremmo rassegnarci a vedere in molti casi sbiaditi, in taluni casi offesi e maltrattati, luoghi e simboli di una così lunga tradizione.
Ma nessuno di noi può rassegnarsi ad un destino per taluni versi ingiusto di semplice “testimonianza culturale” decretato sin qui dalla involuzione di un sistema politico tuttora in crisi e che sta conducendo l’ Italia in una crisi ancora più profonda.
Così come nessuno di noi, credo, ha intenzione di ammainare nel proprio concreto impegno quotidiano quella bandiera e quegli ideali del repubblicanesimo che per noi continuano a costituire il vero e costante riferimento ideale.
Ma tant’è. La situazione è quella data. Vedremo nel tempo se sarà possibile contribuire a modificarla e farla evolvere verso assetti che diano alle più genuine culture laiche, repubblicane e riformiste lo spazio che esse ancora meritano.
Oggi, però, il nostro primario compito è quello soprattutto di chiederci quale sia la funzione di un organo di stampa come il Lucifero in una realtà politica e sociale profondamente modificata, in una “modernità” e modernizzazione delle comunicazione che tutto cambia (e non sempre in meglio) soprattutto nel rapporto tra “comunicatori” e cittadini.
Ce lo dobbiamo chiedere subito – lo dico con grande franchezza in primo luogo all’ amico Graziano, al di là dei nostri stessi comuni e condivisi entusiasmi – perché se così non facciamo rischieremmo di intraprendere una strada che non si sa bene dove ci può portare e di passare non solo dalla spinta generosa iniziale ad una immeritata delusione finale, ed anche di vedere vanificati, e prima ancora addirittura ostacolati e/o incompresi, i nostri sforzi.
Io penso, però, che una risposta ci sia e che essa sia contenuta proprio in quella “funzione” non eminentemente e strettamente “politica” e “partitica” bensì “educatrice” e “suscitatrice” che il Lotti attribuisce appunto allo “storico” Lucifero: contribuire a risvegliare e indirizzare una vera e genuina coscienza laica e democratica in primo luogo tra le nuove generazioni, chiamando a concorso di questo obiettivo quelle forze e quelle competenze espressione del mondo della cultura e del mondo del lavoro più vicine ed assonanti con la grande tradizione del repubblicanesimo italiano.
Noi dobbiamo rivolgere questo impegno soprattutto verso i giovani ben sapendo che è sempre stata la forza della militanza giovanile a dare un contributo determinante a tutte le più importanti fasi crescita e di evoluzione del movimento laico e repubblicano.
Anche per il sottoscritto il Lucifero, fin dai lontani anni ’60 – ero ancora un giovane liceale e collaboravo con “il Pensiero Cittadino” un periodico locale diretto nella industriosa Fabriano dal caro amico Giancarlo Castagnari – ha costituito un vero strumento, di testimonianza e di lotta politica, di impegno sociale, in certi momenti anche di dura contrapposizione, comunque sempre “rifugio operoso e positivo” anche nei momenti nel quale il mio scrivere non trovava altrove “ospitalità” forse perché un po’ “eretico” e non rispettoso del pensiero dominante.
Sicuramente l’amico Rosario Altieri, oggi Presidente dell’ AGCI, ricorderà tutte le nostre battaglie condotte insieme nella Federazione Giovanile Repubblicana con l’orgoglio di quella piena e praticata autonomia che il Partito di Ugo La Malfa e Claudio Salmoni democraticamente ci concedeva e/o tollerava.
Ma al di là dei ricordi di tipo personale valga sottolineare, specie qui nella casa della UIL, la figura di Pietro Nenni, che da repubblicano romagnolo e jesino fu alla guida dal 1913 al 1915 di quel Lucifero che spinse alla lotta i sindacalisti, i ferrovieri ed il popolo anconetano nelle giornate della “Settimana Rossa”. Il Lucifero proprio sotto la sua direzione e con i suoi infuocati articoli sollevava con forza e convinzione i temi del riscatto sociale ed istituzionale nonché quelli dell’anticolonialismo, dell’irredentismo e dell’interventismo democratico e non nazionalista.
A quel Lucifero, anarchico e battagliero, molti repubblicani anconetani allora guidati da Domenico Pacetti, e che si definivano portatori e veri eredi della tradizione mazziniana del grande “fondatore” Domenico Barilari, vollero contrapporre per un lungo periodo il “Lucifero-vecchio”.
Io voglio qui però sottolineare, pur nel rispetto della storia e della memoria, che fu anche grazie a quello strappo anarcoide e movimentista che riuscirà ad affermarsi nel movimento e nel partito repubblicano quel rinnovamento che sarà poi guidato da altri due grandi ed operosi “militanti” marchigiani: Giovanni Conti ed Oliviero Zuccarini, che restano con Arcangelo Ghisleri i miei veri riferimenti. Questi ultimi ebbero un ruolo fu determinante nella edificazione del repubblicanesimo moderno, non giaculatorio, anti-retorico ed anti-celebrativo, capace di misurarsi con concretezza ed insieme intransigenza con i problemi sociali ed istituzionali del proprio tempo.
Tornando a noi il compito prioritario, il più stimolante ed attuale, dovrebbe essere quello di contribuire a costruire questa coscienza e questa consapevolezza dei cittadini, dei militanti e soprattutto dei giovani attorno a quelle tematiche che nella moderna società italiana ed europea negano un senso ed uno sbocco positivo al binomio mazziniano “libertà e associazione”: a cominciare dal tema fondamentale del lavoro perché senza lavoro e senza diritti non c’è libertà; e la libertà deve essere, insieme al momento associativo, non solo uno strumento di rivendicazione ma anche uno stimolo alla iniziativa e all’intrapresa individuale e di gruppo; il tema del modo di essere autenticamente democratico dell’ associazionismo nelle sue varie forme, consapevoli che la libera associazione è un diritto irrinunciabile ma anche che alcune regole fondamentali di democrazia, di merito, di trasparenza, di partecipazione democratica vanno garantite a tutti i cittadini e lavoratori nello stesso momento “organizzativo” ed “associativo”.
Io penso che il tema di fondo della nostra crisi politica, soprattutto della crisi dei partiti – ma in parte delle stesse rappresentanze sociali e dello stesso sindacato – non evochi, infatti, tanto la necessità di un cambiamento delle regole della nostra costruzione costituzionale bensì che esso rinvii alla crisi sempre più profonda delle rappresentanze politiche e sociali.
E’ il sistema della rappresentanza che va democratizzato nel nostro Paese, adeguandolo certo alle esigenze di una moderna società ad alto sviluppo tecnologico ma senza rinunciare, semmai esaltare e praticare in ogni ambito, i princìpi e le conquiste democratiche della nostra Carta!
A questo compito ci chiama soprattutto quanto si cela dietro la stessa spinta “movimentista” che sta agitando la società italiana ( ma in parte anche europea) ed anche il sempre più diffuso e quasi aprioristico rifiuto della partecipazione di una larga parte dei cittadini. Rifiuto che, però, non sempre significa disimpegno e/o sottocultura politica e sociale, bensì assenza di speranza nel cambiamento e nella vera giustizia, certezza di non poter “contare” nelle scelte.
Sarebbe importante che il nostro “Lucifero- nuovo” contribuisse – per la sua “piccola” o “grande” parte, con le sue periodiche pubblicazioni, con il suo sito digitale alimentato sempre di più dai contributi e dai preziosi “materiali” di una lunga storia e di una lunga tradizione, con la concretezza di chi opera nel “sociale” ed insieme con la guida essenziale delle espressioni più genuine del mondo della cultura laica e democratica – a sollevare questi due temi essenziali: della formazione di una coscienza democratica e repubblicana delle nuove generazioni e quello della crisi dei modelli attuali di rappresentanza e dunque della modernizzazione e della piena democratizzazione dei nostri strumenti di partecipazione alla vita politica e sociale.
Questi potrebbero essere – nella mia personale idea ma su questo potremo e dovremo confrontarci – i temi che più di altri potrebbero impegnare il “corpo” redazionale del “Lucifero-nuovo”: per un programma nuovo ma pur sempre “agitatorio”, “provocatorio”, “pungente”, “libero”, “laico”, “aperto” al libero contributo di militanti e cittadini, così come sempre è stato nella lunga storia del Lucifero.