VERSO I NUOVI EQUILIBRI INTERNAZIONALI

Ordine o disordine mondiale – di Rosario Altieri

– Da diversi anni, ormai, l’intero Pianeta sembra essere interessato da forti ondate di contestazioni nei confronti delle Istituzioni nazionali ed internazionali, così come verso quelle politiche, dettate dalla prevalenza di una classe dirigente che appare via via meno dotata di tensione ideale e tesa sostanzialmente a ricercare i più nobili compromessi tra le differenti, spesso inconciliabili, aspettative individuali rispetto ad una sempre più sparuta minoranza di Statisti veri.

Queste ondate sono sempre più frequentemente trasversali ai diversi Stati delle Comunità internazionali e riguardano tutti gli schieramenti politici, quasi che il nuovo debba essere rappresentato esclusivamente dall’antagonismo sfrenato, a prescindere dalla bontà di ciò che si vuole abbattere e dalla qualità di ciò che si intende introdurre.

Le nuove generazioni dei diversi Paesi e dei vari Continenti, ma oggi anche una larga fetta di quelle meno giovani, sembrano in preda ad una smania contestatrice che travolge interi sistemi e rischia di determinare una situazione nella quale sarà difficile pervenire al raggiungimento di politiche di inclusione, di politiche improntate alla solidarietà ed alla soddisfazione dei bisogni dei meno abbienti.

Siamo avviati verso una deriva pericolosa che potrebbe condurci in un baratro in fondo al quale sarebbe possibile apprezzare solo egoismi individuali o collettivi, unitamente alla mancanza assoluta di solidarietà umana e ad una sfrenata rincorsa alla difesa di interessi sempre più particolari, riferiti a gruppi sempre più ristretti.

Questo scenario, che si prefigura in ogni singolo Paese, si estenderà, ineluttabilmente, ai rapporti tra i vari Stati dell’Europa e del Pianeta, con la conseguenza di assestare una spallata devastante alla ricerca di una maggiore comprensione e tolleranza nei rapporti fra le Nazioni e fra le economie, oltre che alla coesione tra le differenti etnie e tra le diverse religioni.

Le riflessioni che intendo partecipare ai lettori non sono dettate dalla volontà di esprimere un giudizio politico, tantomeno da quella di rappresentare una scala di valori circa la giustezza o meno dei programmi, delle proposte, dei progetti (ove mai riuscissimo ad individuarne qualcuno nelle esposizioni dei propri “pensieri” da parte degli esponenti dei diversi partiti e schieramenti che si confrontano in Italia, in Europa e nel Mondo).

Esse vogliono solo constatare come sempre maggiore consenso venga attratto da posizioni estreme, che partono dalla contestazione dell’esistente, da promesse di cambiamento senza che venga definito e chiarito cosa si cerchi di introdurre, quali siano i limiti e le carenze di quel che si intende sostituire e quali le positività del nuovo che si propone.

Tutto questo ha, fino ad ora, condotto all’affermazione in Italia di uno scontro radicalizzato che sta determinando un abbattimento del livello di democrazia nella nostra Nazione e l’avvicendamento di Governi alla base dei quali non si comprende quale possa essere il nesso tra la volontà espressa dai cittadini nell’urna elettorale e le coalizioni che si susseguono con tanta, forse troppa, disinvoltura.

Il risultato di ciò ci racconta della difficoltà della classe politica, da un lato, di impegnarsi, con tutte le proprie forze, per accrescere il livello di democrazia e, dall’altro, di garantire la necessaria stabilità senza la quale nessuna politica, anche quella più virtuosa, può essere in grado di produrre effetti positivi sull’economia e sulla qualità della vita per tutti i cittadini.

Per raggiungere questi propositi, non so quanto consapevolmente, è stata fino ad ora perpetrata una serie di veri e propri delitti nei confronti della Democrazia, quella con la “D” maiuscola, attraverso riforme costituzionali e/o elettorali di volta in volta approvate a maggioranza dal Parlamento per essere poi bocciate dai cittadini.

Si sta tuonando da decenni contro l’elezione delle attuali due Camere parlamentari con il sistema proporzionale, asserendo che in questo modo si consente alle minoranze di contrastare le decisioni della maggioranza, come se in una democrazia le minoranze siano degli incidenti di percorso che devono assolutamente essere evitati e non, come ogni persona autenticamente democratica pensa, cittadini ai quali garantire l’esercizio del proprio pensiero e del proprio dissenso quando non dovessero condividere le scelte della maggioranza.

Si è, con altrettanta insistenza, sostenuta l’eliminazione delle preferenze ai singoli candidati presenti nelle liste elettorali, affermando che esse sarebbero un incentivo al voto di scambio e, di conseguenza, al condizionamento della volontà popolare.

A parte che una tale affermazione offende l’intelligenza e la dignità dei cittadini, assolutamente sovrani in una Nazione democratica, a me pare indegno di un Paese civile chiamare la gente alle urne per scegliere i partiti da votare e lasciare ai leader degli stessi il diritto di eleggere coloro i quali dovranno esercitare l’attività legislativa senza la sovranità che solo l’investitura popolare può garantire.

Sono decenni che abbiamo un Parlamento di nomina dei partiti ed anche la nuova legge elettorale non sana una tale bruttura. Ma la cosa che a me sembra più preoccupante è che, partendo da questo assunto, si potrebbe giungere a teorizzare la soppressione del diritto al voto per il pericolo che anche un voto senza preferenze possa essere inquinato da patti scellerati tra l’elettore e la classe politica organizzata.

Dovremmo sempre ricordare che in una Democrazia la sovranità delle decisioni spetta al Popolo e che in una Democrazia parlamentare tale sovranità viene, con il “libero voto”, delegata dal Popolo al Parlamento.

Qualsiasi norma, in qualunque sede approvata, che non tenga conto di questo principio fondamentale, rischia di determinare uno strappo irreparabile al tessuto democratico del Paese, ingenerando una deriva autoritaria come spesso nel mondo è accaduto e come anche nella nostra Nazione abbiamo avuto modo di subire.

Tutto ciò ha già provocato uno scollamento tra le Istituzioni ed i cittadini; tutto ciò ha già fatto dilatare oltre ogni limite fisiologico l’area della protesta; tutto ciò ha già minato il prestigio e la considerazione per la politica.

Occorre necessariamente arrestare il declino ed invertire la rotta, recuperando le ragioni di una convivenza civile, di una maggiore coesione sociale, di una altrettanto maggiore solidarietà umana e combattendo con fermezza e con più forza tutte le spinte che compromettono irrimediabilmente l’ordinamento democratico.

Quali possono essere le prospettive? Io temo certamente non positive, anche per la circostanza che l’ondata di protesta verso il potere, verso il Palazzo, sembra aver travalicato tutti i confini geografici e culturali.

L’Europa sembra avere smarrito la carica con la quale i Padri fondatori avevano avviato il cammino verso gli Stati Uniti d’Europa, già immaginati ed agognati da Giuseppe Mazzini nella prima metà dell’Ottocento con la costituzione della “Giovine Europa”; nel resto del Mondo le cose non sembrano andare per il verso giusto ed i conflitti che interessano un sempre maggiore numero di Stati e che si manifestano con sempre maggiore efferatezza ne sono una prova evidente.

Le comunità internazionali sono sempre meno capaci di intervenire con azioni in grado di dirimere le cause delle guerre e delle atrocità. Il tutto in una epoca in cui, anche in ragione della galoppante globalizzazione, tutto è sempre concatenato al resto e tutto produce ripercussioni immediate su scala molto vasta.

In conclusione, ci sarebbe bisogno di un ordine globale, mentre ci stiamo avviando verso un disordine planetario con ripercussioni inimmaginabili sulla economia mondiale e sulle condizioni di vita in ogni angolo del pianeta.