2011/2017: SETTE ANNI INUTILI
di Francesco Pontelli*
Nel 2011 le banche internazionali ed in particolare la Deutsche Bank cominciarono a dismettere i titoli italiani considerati a maggior rischio. La crisi, anzi il perdurare della crisi finanziaria, imponeva a tutti gli operatori finanziari di ridurre i margini di rischio al fine di riottenere un equilibrio finanziario e, come sempre, i titoli italiani del debito pubblico rappresentavano quelli a maggior rischio.
I sostenitori della macchinazione contro il governo Berlusconi ignorano la totale mancanza di riferimenti etici degli operatori finanziari assolutamente non interessati agli effetti, qualsiasi essi fossero, delle proprie operazioni. Da sempre il mondo finanziario ha dimostrato di non avere alcun parametro al di fuori della remunerazione del capitale (del resto è per sua stessa natura così) o, nel caso specifico, la riduzione del rischio per quanto riguarda la sostenibilità e l’equilibrio finanziario.
L’arrivo di Monti, salutato da tutti come la soluzione di ogni problema, si è rivelata invece disastrosa in quanto si è risolta semplicemente con un aumento delle tasse in una finanziaria da 92 miliardi. Contemporaneamente però a questa solita politica dell’aumento delle tasse il governo Monti si è appropriato dei risultati scaturiti solo ed esclusivamente dall’azione del presidente della BCE Mario Draghi il quale ha operato attraverso il riacquisto nel mercato secondario dei titoli di debito italiano contribuendo all’abbassamento dello spread. Questa strategia del governatore Draghi si scontrò con una forte opposizione della Germania tanto da porre la strategia di acquisto di titoli del debito italiano all’ordine del giorno di un dibattito presso il Bundestag molto vivace e che contrappose i due schieramenti politici tedeschi. Il che dimostra come la teoria del complotto risulti assolutamente non aderente alla realtà in quanto il Bundestag che si oppose a tale riacquisto da parte della Bce non poteva certamente venire considerato il rappresentante di questo complotto finanziario.
Ora, nel dicembre 2017, il ruolo di Mario Draghi continua ad essere fondamentale in quanto la Bce risulta essere ‘l’unico operatore finanziario che sottoscriva i titoli del debito italiano’. Questo fatto è di una gravità e di una pericolosità assoluta in quanto dimostra il livello di affidabilità che viene attribuito all’economia italiana come al quadro politico italiano e soprattutto alle scelte e alle strategie economiche di sviluppo per i prossimi cinque-dieci anni per i quali tutti i partiti dell’arco costituzionale brillano per assoluta nebulosità.
Sono passati sette anni e ancora Mario Draghi continua a rappresentare l’unica autorità internazionale ed operatore finanziario che magari indirettamente, attraverso la propria autorità e la propria attività, operi attraverso il quantitative easing (ma già ormai il 2018 verrà caratterizzato dal tapering) per il nostro Paese.
Rispetto tuttavia alle condizioni economiche politiche del novembre 2011 emerge sovrana l’assoluta incapacità di aver compreso durante questi ultimi sette anni di assoluta irresponsabilità dei governi Monti, Letta, Renzi e Gentiloni nei confronti della gestione dei conti pubblici il vantaggio ottenuto grazie all’azione della Bce. Ci ritroveremo nella situazione di volare senza più il paracadute in quanto Mario Draghi lascerà la carica di presidente della BCE e il candidato tedesco che verrà designato sicuramente non avrà lo stesso atteggiamento nei nostri confronti.
Una classe politica e governativa che non ha saputo capitalizzare neppure i risparmi scaturiti dalla gestione del debito pubblico che negli anni si sono rivelati dai 13 ai 20 miliardi grazie all’azzeramento degli interessi legati al Q.E. ma che, di contro, ha aumentato di oltre 300 miliardi il debito pubblico. In un contesto come quello attuale nel quale nessun operatore finanziario acquista titoli del debito pubblico italiano parlare di flat Tax (una riforma fiscale che dovrebbe o meglio potrebbe essere attuata solo in un periodo di forte espansione economica e di basso rapporto PIL debito pubblico) come di un disastroso ritorna alla Lira o delle chiusure domenicali dei nostri centri commerciali rappresenta la inconsistenza culturale della nostra classe politica e dirigente. Tutto questo rappresenta purtroppo l’ennesima conferma dell’assoluta distonia ed irresponsabilità del mondo politico, accademico e degli economisti italiani accomunati dalla incapacità di cogliere i preoccupanti segnali provenienti dal mondo finanziario e, di conseguenza, di elaborare strategie per evitare una crisi finanziaria del debito pubblico italiano.
Dal 2011 ad oggi sono passati sette anni inutilmente, non hanno insegnato nulla in quanto ci ritroviamo nella medesima situazione del novembre 2011 ma con 311 miliardi di debito pubblico aggiuntivo.
* Economista