“LUCIFERO” (1870 – 2020)
Una militanza politica, civile e coerente (G.Spadolini)
Quella marchigiana nel primo decennio post-unitario (1860-1870) è una società fondamentalmente contadina con accentuato sviluppo del lavoro mezzadrile, con ancora deboli processi di inurbamento, ancora scarsa presenza di borghesia cittadina, pochissima presenza di industria, forti eccessi di manodopera (che spingeranno per molto tempo i processi di emigrazione), con una diffusione di piccole attività soprattutto artigianali locali.
Una società un po’ “sonnolenta”, anche un po’ individualista, chiusa seppur caratterizzata anche da eccelse punte e personalità dal punto di vista culturale; una società costretta a subire dal punto di vista dell’ informazione e della comunicazione il monopolio degli organi di stampa locali che rispondono ai poteri del governo piemontese.
Anticlericalismo e idee democratiche costituiscono il substrato di una opposizione politica e sociale divisa tra anarchismo, socialismo e repubblicanesimo (con forte ed iniziale preponderanza di quest’ultimo).
E’ in questo contesto, sinteticamente tratteggiato, che si inserirà progressivamente il ruolo assolutamente determinante delle coraggiose iniziative di stampa del variegato “mondo democratico” che riusciranno a veicolare man mano verso una sempre maggiore coscienza democratica e verso un sempre maggiore impegno sociale il malcontento popolare pressoché generalizzato nei confronti del nuovo governo piemontese colpevole di aver lasciato nell’abbandono , ed in taluni casi nella miseria, e nelle cattive condizioni socio-economiche un’intera società dopo vaghi interventi e promesse iniziali del Commissario Regio.
Accanto alle tradizionali pulsioni anticlericali e contro il potere papalino cominciano, dunque, progressivamente ad affermarsi idee democratiche proprie di un’opposizione repubblicana-radicale alle linee governative considerate in gran parte estranee e non migliorative.
Emblematico è lo scoppio di veri e propri tumulti popolari in quel di Ancona, in coincidenza con uno dei momenti più alti della crisi economica della città, nel 1869.
Nel 1870 due reduci garibaldini, Carlo Morellet e Virginio Felicioli, danno vita al “Lucifero” , settimanale, ed affidano al cosiddetto “nucleo Barilari” – ovvero al gruppo di giovani redattori e collaboratori che si stringono attorno alla loro “guida” Domenico Barila — le sorti di un’ impresa più che coraggiosa e che ben presto si affermerà e si consoliderà nel contesto anconetano e marchigiano come il principale catalizzatore di una cultura di opposizione che già nel 1872 diventa la “voce” organo della Consociazione Repubblicana delle Marche.
Come Giuseppe Mazzini invia svariati messaggi agli operai ed ai repubblicani di Ancona e della Marche così Giuseppe Garibaldi con un suo messaggio a Barilari saluta la nascita del “Lucifero” :
“Caro Barilari, un altro giornale repubblicano a questi tempi in Italia è veramente prezioso ed io auguro bene al Lucifero ed ai suoi coraggiosi redattori.Un caro saluto a Carlo Morellet e a Virginio Felicioli e sono vostro” G. Garibaldi”
Domenico Barilari conferisce da subito una precisa identità al periodico, il cui programma è ben chiaramente delineato già nell’editoriale del primo numero: lotta strenua e prioritaria alle troppo diffuse pratiche di corruttela, amore e rispetto totale per la “verità” dei fatti, attenzione forte alla dimensione locale, rigida adesione ai princìpi mazziniani di umanità, progresso, associazione; intransigenza istituzionale per l’affermazione della Repubblica sia rispetto ad un “Risorgimento tradito” sia rispetto ad una prioritaria considerazione della “questione istituzionale” la cui mancata soluzione pregiudica anche il riscatto sociale delle popolazioni più deboli e del mondo del lavoro; suffragio universale; imposta unica e progressiva; tassazione dell’eredità; abolizione delle tasse più inique; insegnanti pubblici dipendenti dallo Stato e non dai comuni; scuola obbligatoria e laica.
” Lo scopo per cui combattiamo è dunque il benessere del popolo e per noi la Repubblica è il mezzo unico e necessario per conseguirlo”.
A questo programma corrisponderà comunque, e fino a quando gli sviluppi del confronto politico lo consentiranno, la ricerca di un equilibrio ed in taluni casi anche di un “dialogo” con le altre iniziative di stampo anarchico-internazionalista e socialista che nel frattempo si vanno sviluppando nella regione e che cercheranno via via di indebolire la predominanza repubblicana nell’opposizione democratica.
Barilari pagherà anche con il carcere la durissima reazione della censura del regime (Fisco Regio).
Egli più che un portavoce di un gruppo di amici e reduci garibaldini si erge a rappresentare il pensiero repubblicano dell’intera regione, amalgamando in un unico nucleo persone di origine e caratteri diversi ma dalla fede politica incrollabile e dalle idee ben chiare appunto delineate nel programma succitato.
Ciò consentirà di attirare un grande numero di simpatizzanti e di favorire una vasta opera di proselitismo.
Barilari solo al termine della sua opera, una volta superata dopo il 1886 la rigidità dell’ astensionismo dei mazziniani intransigenti, si potrà allineare nella XXI Legislatura Regia (1900 – 1904) nelle file della sinistra di opposizione in rappresentanza dei repubblicani e della deputazione anconetana nel Parlamento Regio, continuando comunque a svolgere fino alla morte (1904) azione pubblicistica, di proselitismo senza riconoscimenti e prebende (nemmeno la indennità da parlamentare).
Nel suo incarico di parlamentare rappresentante della deputazione anconetana sostituirà Giovambattista Bosdari (1848 – 1900) e sarà seguito poi per altre legislature dall’ Avv. Domenico Pacetti (1857 – 1926).
Il successo del Lucifero barilariano è testimoniato, oltre che dalla sua durata ultra secolare, dalla validità di una formula e di un disegno superiore di emancipazione del cittadino e del lavoratore da raggiungere con il principio dell’ associazione tra capitale e lavoro, espressione di un socialismo nè anarchico nè collettivista che continua a tenere integrate la questione istituzionale e la questione sociale.
Dagli ambienti per lo più urbani parte un messaggio che amalgama piccoli proprietari, artigiani, commercianti di terra e di mare e soprattutto liberi e coraggiosi cittadini animati da idee di giustizia, di libertà, di progresso e di solidarietà che appunto si concentra in quel repubblicanesimo che nelle Marche respinge l’attacco dell’ internazionalismo, prevale e precede all’inizio il socialismo, e si dovrà confrontare duramente, trovando però anche importanti sintesi positive, con il riformismo nel primo ventennio del ‘900. Periodo nel quale, come si dirà, lo stesso mondo repubblicano e lo stesso Lucifero saranno sottoposti a tensioni e dilacerazioni profonde quanto inevitabili.
Come abbiamo accennato all’inizio il “Lucifero” svolge da subito e nel tempo un’opera anche preziosa di informazione, meglio di controinformazione, rispetto alla comunicazione a quei tempi monopolio degli organi regi “Corriere delle Marche” (che si trasformerà poi in “Ordine:Corriere delle Marche” di Vittorio Vettori ) ad opera di Lorenzo Valerio che si rifaceva ai più noti organi di stampa piemontesi “L’Opinione” e “la Gazzetta del Popolo”.
All’interno dello stesso movimento di opposizione altre testate coeve si contrappongono alla battaglia del Lucifero. Tra esse: “La Giovine Marca” (giornale monarchico-sociale), “Il Risveglio” di stampo anarchico-internazionalista, “Il Martello” giornale fabrianese sulla scia del pensiero di Andrea Costa.
Ma il “Lucifero” vede progressivamente il nascere nella stessa provincia di Ancona, nel pesarese e nel maceratese, di testate anch’esse di stampo prettamente repubblicano e mazziniano.
Tra le più significative ricordiamo: “L’Educatore” di Macerata che riflette bene tutto lo spirito di alta cultura tipico di un ambiente universitario di grandi tradizioni; “L’ Intransigente” foglio che si stampa in quel di Jesi e che ha per direttore Torello Petrini, un ex- collaboratore del Lucifero e gerente responsabile Antonio Felcini; “La Libera Marca” di Senigallia che ne costituisce la sua continuazione; “L’Indipendente” nato su iniziativa di Pietro Castagnari nella industriosa Fabriano e che simboleggia il riscatto del repubblicanesimo fabrianese per la verità “strapazzato” ai tempi de “Il Martello” dall’influenza degli internazionalisti e di Andrea Costa; “Il Popolano” sorto nel pesarese ad opera di Mario Paterni; “Il Democratico” ad Urbino ad opera di Francesco Budassi ambedue testate che cercano di coniugare il socialismo ed il pensiero mazziniano; “La Montagna” di Camerino, testata mazziniana intransigente.
Da segnalare, anche a testimonianza di una seppur lenta e progressiva apertura al dialogo con il mondo socialista, la pubblicazione a cura della Federazione Giovanile Repubblicana delle Marche, nel 1° maggio di un numero unico dal titolo significativo “Primo Maggio” dedicato in prevalenza alla questione sociale e al mondo del lavoro, alla nascente industrializzazione.
Il prestigio ed il ruolo del “Lucifero” in ambito del movimento repubblicano e democratico è confermato anche dal novero di alcune prestigiose collaborazioni di cui la testata si potrà avvalere nel corso dei primi 30-40 anni della sua esistenza. Tra essi ricordiamo in particolare: Maurizio Quadrio, Amilcare Cipriani, Aurelio Saffi, Luigi De Andreis, Felice Cavallotti, Arcangelo Ghisleri.
Per terminare la sintetica illustrazione del primo periodo storico del “Lucifero” vanno fatte due considerazioni:
- a) anche lo sviluppo di questi periodici locali supplisce all’indebolimento progressivo degli organi di stampa di stampo mazziniano ed in particolare di testate storiche come “Il Dovere” di Maurizio Quadrio a Genova organo del Partito d’ Azione e “L’Unità Italiana” di Federico Campanella.
- b) Le testate locali ed il loro fiorire rimpiazzano degnamente le attività di quelle moderne organizzazioni partitiche ancora assenti e forniranno un contributo di elaborazione/discussione in particolare in ambito dell’ opposizione democratica e della sinistra essenziale alla nascita, sulle ceneri del “Patto di Fratellanza” tra le Società operaie e di Mutuo Soccorso, del Partito Socialista (1892) e del Partito Repubblicano (1895).
Agli inizi del secolo la situazione per il movimento repubblicano diventa più complessa, stretto da un lato dalla pressione sempre più forte del socialismo e del riformismo, lacerato al suo interno da un processo di chiarificazione sul rapporto con i Governi Regi (in particolare con Giolitti) che approderà all’accentuazione di divisioni profonde tra le due componenti interne e finanche alla divisione nelle competizioni elettorali del periodo.
Il confronto vede contrapporsi da un lato la componente innovatrice e “neorepubblicana” che su ispirazione di Arcangelo Ghisleri mira al rinnovamento, al ritorno alla rinuncia alla presenza in Parlamento, alla pregiudiziale repubblicana ma che guarda anche ad un rinnovato confronto con il socialismo turatiano e con il riformismo e ad una partecipazione attiva alle lotte sociali ed al travaglio del mondo sindacale. Dall’ altra il repubblicanesimo di stampo “barzilaista” che non chiude alla collaborazione ed alla presenza diretta con i governi. La divisione deflagra definitivamente nel 1912 in occasione dell’ intervento italiano in Libia fortemente ostacolato dai repubblicani tra i quali cominciano ad emergere Oliviero Zuccarini e Giovanni Conti.
Nel 1913 e nel 1914 avvenimenti importanti che segneranno anche la storia del Lucifero. Ne prende la guida da direttore Pietro Nenni .
Sulle pagine del Lucifero guidato dal 2013 al 2015 dal futuro leader del socialismo italiano Pietro Nenni (Nenni rimarrà militante attivo di primo piano nelle file del repubblicanesimo marchigiano fino al 1919-1920) sono evocati i temi dell’interventismo contro il neutralismo della Monarchia e dei Governi; del completamento dell’ unità nazionale; della costruzione dell’ Europa libera, democratica come la sognavano Mazzini e Cattaneo; quella del rifiuto del pacifismo; della differenza tra interventismo nazionalista ed interventismo repubblicano; quello della integrazione e del nuovo rapporto tra questione istituzionale e questione sociale che chiama anche i repubblicani ad un maggiore e diretto impegno nel sindacato e nelle lotte per il mondo del lavoro.
E’ questo il periodo anche della “Settimana Rossa” (1914). La scintilla scoppia non a caso ad Ancona il 7 giugno 1914 alla grande manifestazione di protesta popolare e sindacale (con in testa i lavoratori portuali e i ferrovieri) e con il comizio di Pietro Nenni, Enrico Malatesta, Oddo Marinelli e lo stesso Benito Mussolini in Piazza Roma. A Villa Rossa sede del Partito Repubblicano verranno uccisi dalle forze dell’ ordine i giovani Nello Budini (24 anni repubblicano), Attilio Giambrignani (22 anni repubblicano), Antonio Casaccia (17 anni anarchico). La protesta si estenderà in gran parte del Paese con particolare riguardo alla più vicina Romagna.
La reazione dell’ establishment “governativo” e parlamentare del Partito è molto forte. l ‘On. Domenico Pacetti ispirandosi alla tradizione di Domenico Barilari crea un secondo Lucifero (24 agosto 2013). La divisione in due tronconi del repubblicanesimo di inizio secolo viene ratificata dal Congresso Nazionale del PRI di Ancona del 1914 che vede affermarsi alla guida del Partito la schiera dei repubblicani innovatori, guidati da Oliviero Zuccarini, Giovanni Conti, Fernando Schiavetti.
Il Lucifero resta comunque organo della Consociazione marchigiana del PRI . Alla sua direzione si alterneranno dopo Domenico Barilari, Ernesto Spadolini, Oddo Marinelli e Pietro Nenni (che lo guiderà fino alla sua partecipazione al 1° conflitto mondiale) Oliviero Zuccarini, Oscar Spinelli Piero Pergoli, Enrico Malintoppi, Lamberto Sivieri, Mario Ferrara, Amilcare Sternini, Claudio Salmoni.
Nel secondo dopoguerra la stessa fisionomia del giornale, pur rimanendo nella tradizione, non può non essere influenzata dal forte impegno sul piano locale che porterà il repubblicanesimo anconetano progressivamente e per lungo tempo alla guida Comune di Ancona attraverso prestigiosi sindaci come Giuseppe Marsigliani (1946 – 1948), Enrico Barchiesi (1950-1951), Francesco Angelini (1949-1950 e 1951-1964), Claudio Salmoni (1965 – 1967), ed infine Guido Monina (1976 – 1988) che per tanto tempo ed in particolare nell’ evento del sisma guidò con lungimiranza, fattiva operosità, rigore amministrativo il capoluogo anconetano. Guido Monina fu per quasi un trentennio, dal 1958, coadiuvato anche dal Emilio Giaccaglia, la vera “anima” giornalistica e politica del Lucifero.
Alla pubblicazione del Lucifero nel corso degli anni ’60 e ’70 si accompagna nell’entroterra marchigiano (da Fabriano e Sassoferrato) la pubblicazione de “Il Pensiero Cittadino” ad opera di Giancarlo Castagnari e Costante Tiberi che rinnovano la tradizione del già ricordato “L’ Indipendente”, essi stessi collaboratori importanti del Lucifero.
Naturalmente in questo lungo periodo si assiste all’accentuazione delle problematiche locali che hanno un largo spazio sulle pagine del Lucifero anche in considerazione dell’ accentuato impegno che al Partito deriva dalle sue responsabilità primarie in sede comunale e dopo il 1970 anche in sede provinciale e regionale . Molto significativo è l’ approfondimento dei temi legati alla programmazione economica, con la costituzione ad opera di Claudio Salmoni dell’ ISSEM (Istituto di Studi per lo sviluppo economico della Marche) e che attorno ad esso raccoglierà un folto gruppo di studiosi e di economisti legati alla Università di Ancona e all’ ISTAO.
L’indirizzo generale del giornale rimane quello di una forte sintonia e presidio locale della guida nazionale del PRI di Randolfo Pacciardi prima, Oronzo Reale, Ugo La Malfa, Giovanni Spadolini poi. Nel 1982 si svolge in particolare ad Ancona, su iniziativa dello stesso Monina la presentazione del primo numero della collana dell’ Istituto “Il Lucifero” a cura di Giancarlo Castagnari e Nora Lipparoni, che ricostruisce tutto il percorso storico del periodico.
Il giornale rimane comunque aperto sia alla contribuzione volontaria dei militanti sia all’apporto, in molti casi anche critico, in termini di dee e di proposte, di amici vecchi e giovani.
Nei tempi a noi più vicini il Lucifero, perde alcune sue originarie connotazioni ma svolge una battaglia esemplare sotto la guida dell’ “Associazione degli Amici del Lucifero”, in particolare di Gino Orciani e Manlio Bovino, Filippo Giulioli, per contrapporsi alla “diaspora repubblicana” conseguente alle scelte compiute in sede nazionale dal 1994 in poi e che porteranno alla insanabili divisioni interne. Sulle pagine del Lucifero, grazie anche all’ apporto di esponenti come Luciana Sbarbati, Enrico Ermelli, Lucio Cecchini, Maurizio Viroli, Nicola Sbano, Manlio Bovino, degli stessi esponenti e rappresentanti del mondo sindacale e della UIL, si sviluppa fino a pochi anni fa la battaglia ideale e programmatica, con contenuti spesso aspri, per ritagliare al repubblicanesimo marchigiano e nazionale lo spazio che ad esso compete, e che resta proprio della sua tradizione popolare, nell’ ambito della sinistra laica e democratica.