INTRANSIGENZA REPUBBLICANA!

di Enrico Edoardo Gavassino –

 

Nella vita di ogni nazione e di ogni uomo esistono momenti storici in cui una linea viene tracciata potentemente dalla storia e dagli eventi.

Oggi è uno di quei momenti.

La sfida attuale si presenta come geopolitica e globale ma in realtà è civile e innanzitutto nazionale ed europea: quella contro il mondo della distruzione, l’inciviltà e la barbarie combattuta necessariamente dalle forze vive e libere che combattono per l’elevazione dell’Uomo.

Da un lato del fronte, il capitalismo marcescente che trasforma gli uomini e i diritti in merci di scambio, e ancora l’influenza della Chiesa Cattolica che prosegue nella tosatura spirituale e morale delle greggi affidategli dalla Divina Provvidenza.

Dall’altro uomini e donne che credono nel primato della Ragione, nell’Uomo come immagine del divino e nella Verità come necessaria conseguenza del patto inscindibile tra l’Uomo che governa i destini e Dio che governa le cause.

Il capitalismo, che è cosa ben diversa dall’iniziativa privata ma concentrazione della ricchezza nelle mani di pochissimi potentati economici, con la promessa del benessere è riuscito ad abbindolare le nazioni del mondo e oggi sta chiudendo la sua fredda mano attorno alla gola delle economie delle nazioni, con le speculazioni della finanza già tristemente note.

La Chiesa Cattolica, il cui dominio temporale terminò quel 20 febbraio 1870 ma che mai ha rinunciato a esercitare un potere trasversale, prosegue nell’opera di influenza delle nazioni, prima fra tutte l’Italia, secondo i propri fini.

È una forza politica con cui necessariamente fare i conti, ma troppo spesso il rapporto che pare impostarsi non è quello tra pari; vuoi per la religiosità superiore allo spirito nazionale del singolo interlocutore, vuoi per un generico bisogno di accettazione del governo di turno che non vuole inimicarsi chi non ha mai accettato la fine del proprio territorio e infatti oggi costruisce una base in ogni città, paese o frazione.

Siamo consapevoli della centralità dell’istituzione clericale nello scacchiere italiano, ma ci rifiutiamo di vivere questo rapporto con senso di subordinazione, a differenza di altre istituzioni che si professano laiche e che, invece, cercano non meglio precisati avvicinamenti e dialoghi.

Noi repubblicani siamo chiamati alla rigenerazione della Nazione e dell’Europa e, come scrive il nostro maestro Giuseppe Mazzini, dobbiamo ricordarci che le nazioni non si rigenerano con la menzogna.

Siamo chiamati a scegliere, come facciamo da ben prima di quel 1895, la lotta senza quartiere alle tenebre, al dispotismo, alla tirannia, all’arroganza di tutti coloro che cercano in ogni modo di rendere l’uomo misero nel corpo, nello spirito e nelle aspirazioni materiali e sociali.

Questa lotta richiede intransigenza.

Intransigenza nella difesa della libertà, del progresso e dell’associazione.

La libertà di mezzi e di fini, formale e sostanziale, oggi apparentemente rispettata in Occidente, trova sempre più limiti. Le continue e numerose autorizzazioni alle libere e lecite iniziative politiche, sociali ed economiche minano l’esercizio del sacro diritto della libertà portando spesso il cittadino a due sole scelte: combattere contro il ginepraio di regole e circolari o rinunciare a ciò che avrebbe desiderato compiere. Questa situazione è intollerabile.

Il progresso, base stessa della civiltà, che vede nel potenziamento delle facoltà intellettuali, morali ed economiche degli individui il suo mezzo e contemporaneamente il suo compimento è assediato dalla barbarie spacciata per esso. Il mercato, oggi leviatano insaziabile al centro delle nostre vite, vuole consumatori malleabili, anzi manipolabili.

Solo la Nazione, cioè l’alleanza di Stato e cittadini, può fornire il giusto impulso al progresso ma per farlo serve la volontà e il ritorno al principio di uno Stato che sia motore e promotore di un alto indirizzo civile e sociale, sia generale che particolare.

Non vogliamo uno Stato che faccia il semplice amministratore di condominio: servono nuovamente uno Stato che dia fini alti di progresso e cittadini che li pretendano.

Infine l’associazione, mezzo del progresso e conseguenza della libertà, rappresenta l’iniziativa degli individui attorno a un fine sia esso culturale, politico o, quando diviene un’impresa, economico.

Le associazioni e le imprese sono le cellule di un corpo vivo, senza queste o quando queste sono malate il corpo muore.

Ovunque, tanto in Patria quanto all’estero, la libertà, il progresso e l’associazione umani divengano bersaglio, da qualsivoglia fronte, di iniziative volte alla loro mercantilistica o dolosa limitazione dobbiamo reagire decisamente e immediatamente.

È soprattutto a ciò che avviene entro i confini nazionali a cui pensiamo in questo momento, dove da più parti si odono le trombe propagandistiche del presidenzialismo, la ricerca dell’uomo forte che risolverà tutti i problemi in un batter di ciglia e infine la più sordida fanfara di tutte: il popolo non capisce e bisogna quindi pensare a metodi diversi dalla democrazia e a limitazioni della pubblica espressione di idee.

Spesso questi pifferai magici sono persone considerate di prestigio, autorevoli a livello nazionale e internazionale, uomini colti appartenenti alla nomenclatura della cosiddetta classe dirigente.

Non facciamoci ingannare da una erre moscia, da un titolo di studio o da un abito firmato: sono nostri nemici.

Così come non dobbiamo ascoltare la generica e pusillanime campana degli inviti alla moderazione.

La guerra infuria a est e a sud est, la pressione migratoria stringe l’Europa in una morsa che rende sempre meno sicure le nostre città, l’inflazione distrugge quanto rimane dei risparmi dei cittadini e loro ci parlano di moderazione!

E se noi invece provassimo, dall’alto dei nostri principi ideali, a dirci per una volta la verità? Che la loro ricetta economica è sbagliata, non importa in quale grande università estera sia stata concepita, che l’Europa non ha bisogno di pifferai magici ma di una società libera e unita nel comune sentire, che la repubblica non può essere messa in discussione da forme ibride di governo e che siamo disposti a difenderla qualunque cosa accada così come l’abbiamo agognata per cento anni da quel lontano 1848 e ancor da prima. Quante cose potrebbero essere diverse se avessimo il coraggio di essere intransigenti sui nostri principi? Non accettare compromessi ci renderà liberi; quando ci portano al compromesso noi repubblicani siamo necessariamente gli sconfitti, perché senza accorgercene abbozziamo su quanto per noi conta. I nostri principi sono i nostri principi e non sono negoziabili: il compromesso non è possibile.

La società italiana non ha bisogno di moderati pronti a fare le banderuole allo spirar del vento, ma di ideali chiari, di posizioni decise e coraggiose, di uomini e donne pronti a difenderli.

Così la gioventù sempre più sradicata e disillusa chiede soltanto ideali fermi da poter seguire, pretende la coerenza delle idee, pretende cioè pensiero e azione.

Abbandoniamo gli appelli alla moderazione, i compromessi, le iniziative pusillanimi e abbracciamo a viva forza i nostri ideali fondanti: libertà, progresso, associazione e ancora lavoro, dovere e diritto.

Accettiamo una volta per tutte di dover combattere per essi e prepariamoci a farlo in ogni luogo in cui ciò sarà richiesto. E torniamo una volta per tutte a incarnare lo stile di vita e la vera essenza della nostra fede politica: l’intransigenza repubblicana.